Amare e vivere con un cane con problemi comportamentali

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Diversi studi hanno indagato come i problemi comportamentali possano influire sul benessere dell’animale stesso, ma come è per una famiglia vivere e amare un cane con problemi comportamentali? Ce lo racconto questo interessante studio del 2020, uscito da poco sul Journal of Veterinary Behavior.

Cosa sappiamo

Diversi studi si sono già focalizzati in passato sull’effetto dei problemi comportamentali sulla salute e il benessere del soggetto che ne è affetto, ma mancavano dati sul sistema famiglia che li ospita.

Cosa aggiunge questo studio

Le esperienze delle famiglie sono raccolte utilizzando 4 temi principali: la cura, le emozioni provate, le strategie di coping attuate la presenza/mancanza di comprensione e supporto. Temi importanti da conoscere, per i professionisti.

Conclusioni

Tante e diverse sono le difficoltà incontrate grazie a questo studio: dal tempo extra richiesto, alle limitazioni vissute in casa e fuori. Tutte le relazioni familiari ne escono toccate e coinvolte. Vivere e amare un cane con problemi comportamentali non è facile e la rete di supporto dovrebbe includere non solo i medici veterinari esperti e altri professionisti del comportamento, ma anche le altre figure, fra cui medico veterinario di base e, perché no, psicologo.

Convivere con un cane con problemi comportamentali può non essere facile ed è infatti una delle cause frequenti di abbandono o rinuncia all’animale. Anche quando questo non avvenisse, garantirne benessere e qualità di vita può essere una sfida. Pochi studi però hanno indagato fino ad ora l’altra faccia della medaglia: come è per la famiglia vivere e amare un cane con problemi comportamentali? Uno studio del 2020 cerca di dare una risposta a questo quesito.

Il prendersi cura e il sistema famiglia: un carico importante

I ricercatori sono partiti da una costatazione: diversi studi sulla salute mentale umana dimostrano come prendersi cura di bambini con malattie mentali possa avere un effetto particolarmente forte sulla famiglia. Il peso dell’accudimento giornaliero, dover bilanciare le attività con il bimbo con quelle della vita quotodiana, difficoltà economiche e una vita sociale compromessa sono spesso causa di diminuzione della qualità della vita del complesso famiglia.

Quando un membro della famiglia è malato insomma l’intero sistema ne risente. E non potrebbe essere altrimenti!

Dato che, si dicono i ricercatori, gli animali ormai sono considerati da molti una parte della famiglia, come sarà allora convivere con una malattia mentale di un cane? I problemi comportamentali sono spesso condizioni croniche, che anche se trattate possono, al pari di altre malattie croniche, non arrivare mai ad essere curati.

Altri studi difatti si sono già concentrati su altri tipi di patologie croniche degli animali domestici e sulla loro influenza sul sistema famiglia. Si sa già quindi che l’accudimento di un cane o altro animale con malattia cronica porta ad uno stress emotivo simile a quello presente in famiglie con esseri umani malati.

Gli obiettivi di questa ricerca erano quindi di determinare come le famiglie di animali domestici sperimentano la convivenza e la cura di un animale con problemi comportamentali. Il carico del caregiver è complesso però da analizzare, perché comprende tematiche soggettive e oggettive. Per questo i ricercatori hanno scelto una analisi tematica, qualitativa, atta a riportare e dare senso alle esperienze condivise da un gruppo di famigliari che si sono trovati a condividere il cammino con un cane affetto da patologia psichica.

La famiglie coinvolte: dalla raccolta dei dati alla loro analisi

Nel 2014 sono stati raccolti dagli autori 39 questionari completati da famiglie con animali affetti da problemi comportamentali. Di questi, 37 partecipanti convivevano con un cane, uno con un gatto e uno con sia un cane che un gatto, entrambi con problemi psichici.

Il questionario era composto da una prima parte di raccolta dei dati personali, una domanda sul grado di stress percepito a causa della patologia comportamentale dell’animale (scala da 1 a 5) e da 22 domande aperte, che lasciavano ampio spazio a risposte personali. Ampie sezioni descrittive della frequenza e della gravità delle risposte fornite dai partecipanti hanno chiarito anche questi punti.

L’analisi dei dati è stata eseguita come detto con un metodo qualitativo molto interessante: leggendo e rileggendo le risposte, identificando alcune parole chiave, gli autori sono arrivati a definire alcuni temi orizzontali, utili per comprendere il quadro generale.

In cosa consiste prendersi cura di un animale con problemi comportamentali e quanto pesa?

Fra i temi analizzati, i ricercatori considerano ovviamente per primo quello del prendersi cura. I problemi comportamentali hanno infatti una ricaduta sulla routine giornaliera delle famiglie.

Pochissimi proprietari riportano in effetti un basso impatto sulla vita quotidiana. La maggior parte degli intervistati ha riportato difficoltà per trovare tempo da dedicare alle attività extra richieste per la gestione e l’accudimento. Difficoltà di tempo che si traducono spesso anche in quelle di denaro, visto che i percorsi riabilitativi hanno giustamente un costo.

Anche le relazioni sono toccate. Il problema comportamentale infatti secondo chi ha risposto al questionario ha messo a dura prova le persone in casa, influenzando le relazioni con eventuali ospiti, creando a volte un isolamento sociale del custode dell’animale. Educare chi viene a casa sulle regole da seguire riguardo la relazione con l’animale presente ha a volte creato conflitti. In altri casi invece (ansia da separazione ad esempio), il custode dell’animale preferiva limitare le sue relazioni per non uscire di casa troppo frequentemente. Un intervistato riferisce a tal proposito grandi difficoltà, dichiarando:

“Lo amavo davvero nonostante i suoi problemi, ma mi ha reso impossibile avere una vita e vivere con lui”.

Le emozioni della vita con un cane con disturbi del comportamento

Quali sono le emozioni che accompagnano una vita così intensa come quella di un familiare di un animale con problemi comportamentali? Dal sondaggio ne emergono tante e diverse, non solo negative. A tal riguardo un intervistato dice:

“Sento che nel complesso il nostro legame è molto più forte perché stiamo vivendo le difficoltà insieme, stiamo lavorando per risolvere i problemi insieme, e saremo ancora insieme quando tutto questo sarà finito, sia che i suoi problemi di comportamento siano stati risolti o meno”.

Molti intervistati provano però anche forti emozioni negative. Tristezza, dicono, per “essere incapaci di risolvere le loro paure e l’ansia che ne deriva“. Alcuni familiari riportano di provare rabbia e frustrazione, riportando anche complessità emotive notevoli.

Le complessità emotive che genera una relazione con un cane affetto da disturbi del comportamento sono notevoli. Conoscerle e non banalizzare può aiutare ad aiutare.

Un altro sentimento comune è l’ansia. Essere preoccupati o ansiosi per il proprio animale include sia il pensiero fisso di voler garantirne il benessere (come portarlo a spasso, in macchina, in luoghi pubblici etc.), come quello invece riferito al timore che potesse ferire altre persone o animali. Anche il timore delle esperienze negative (un attacco da parte di un altro animale o altri problemi) che potessero esacerbare il problema comportamentale era una emozione espressa da molti.

La complessità delle emozioni e dei sentimenti è emersa in modo chiaro dal questionario. Alcuni familiari hanno riferito quanto amassero i loro animali domestici e come potessero provare sia amore che emozioni negative, come amore misto a risentimento e frustrazionee “lo amo e tuttavia disprezzo la persona in cui sento che mi sto trasformando (a causa) della mia esperienza con lui”.

Non essere in grado di aiutare il proprio cane è una delle esperienze che i familiari riportano come causa di frustrazione e tristezza.

“Mi rende estremamente triste vedere il mio cane soffrire. A parte il fatto che mi pesa, è ancora più un peso per lui perché non può aiutare la sua ansia”. Un altro ha scritto “mi dispiace per lei. Mi sento come se lei fosse quella che non è stata invitata al ballo. Vedo quanto sia meravigliosa e intelligente, ma nessuno al di fuori della famiglia più stretta ha potuto apprezzare quanto fosse davvero straordinaria“.

Anche la preoccupazione per il futuro è, indiscutibilmente, un peso per la famiglia. Il dubbio del punto massimo raggiungibile per le loro capacità di prendersi cura di quell’animale, il timore che la qualità della vita del loro cane o gatto non sarebbe migliorata o, persino, il fantasma della necessità di eutanasia, sono pensieri difficili e contro cui il custode si può sentire in lotta costante.

Strategie di coping e sistema familiare-sociale di supporto: le chiavi per la sopravvivenza

Trovare strategie di coping in situazioni di difficoltà come quelle descritte è fondamentale per alleviare in parte il peso del prendersi cura.

Diversi intervistati hanno evidenziato i benefici dell’accettazione del problema comportamentale del loro animale domestico e dei suoi (conseguenti) bisogni. Altri hanno descritto come questa esperienza di convivenza “difficile” abbia portato a trovare speranza, avere una mentalità positiva e trovare le proprie strategie per la gestione dello stress. Citando un intervistato: “parlare, respirare e ricordare che non dobbiamo fregarcene di quello che pensano gli altri, stiamo TUTTI facendo del nostro meglio ed è questo che conta”.

Chiave fondamentale, dalle parole degli intervistati, è anche quella di avere al proprio fianco veterinari generalisti e esperti in comportamento, educatori e istruttori. Essere seguiti da specialisti si traduce in un miglior supporto e aiuto gestionale, ma va ben oltre questo. Per esempio, dice un intervistato, “vedere il veterinario specialista è stato il più utile perché ha visto molti casi come il mio, casi peggiori del mio, e storie di successo, quindi mi ha dato molto sollievo dallo stress e speranza.

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I partecipanti allo studio hanno persino dei suggerimenti in questo senso per i veterinari e i professionisti della cinofilia, tra cui proprio quello di dare speranza ai proprietari degli animali. Alcuni hanno espresso la necessità di gruppi di discussione e sostegno fra pari, proprio come evidenziato anche in medicina umana riguardo percorsi psicologici difficili.
Penso che un gruppo di supporto con altri genitori di animali che affrontano problemi simili sarebbe utile. Anche parlare con genitori di animali da compagnia che hanno affrontato problemi simili e hanno avuto successo … avere una comunità con cui parlare di questi problemi che capisca davvero i problemi“, dice un intervistato.

Non tutto è rose e fiori però e spesso questo supporto familiare e sociale viene a mancare. “È difficile da spiegare a qualcuno che non ha idea di cosa stai affrontando o di cosa sta affrontando il tuo animale domestico”, afferma uno dei partecipanti al sondaggio.

La mancanza di comprensione, espressa a volte con comportamenti inadeguati o con commenti taglienti e negativi, il conseguente sentimento di isolamento e il sentirsi incolpati e biasimati provengono a volte da sconosciuti, ma anche amici, membri della famiglia e persino professionisti cinofili e medici veterinari.

Il ruolo fondamentale del medico veterinario, non solo esperto in comportamento

Gli autori dello studio non girano intorno al problema e evidenziano come Medici Veterinari che non hanno la conoscenza o la competenza per trattare i problemi comportamentali possono dare consigli “non impegnati” o essere poco chiari nelle loro raccomandazioni riguardo come e dove ottenere aiuto, creando così una barriera simile e un effetto emotivo negativo. “Il mio veterinario non ha fornito alcuna risorsa, suggerimenti o riferimenti”, dice un intervistato. Seppure lo studio sia condotto negli USA, questo problema non è certamente relegato ad una specifica area geografica.

Ampie lacune comportamentali sono infatti presenti nei programmi universitari di medicina veterinaria di tanti Paesi nel mondo, fra cui purtroppo anche l’Italia. Includere un programma di base all’interno del percorso di studi aiuterebbe al contrario secondo gli autori a rimuovere una delle barriere alla accessibilità alle cure per cani e gatti con problemi comportamentali.

Anche il mondo dei professionisti della cinofilia (educatori e istruttori cinofili) non si salva dalla “bacchetta” degli autori dello studio. Essendo un campo poco regolamentato come certificazione delle conoscenze e percorsi di studi, una famiglia può facilmente incappare nel “addestratore” sbagliato, con maggiori danni che benefici per il malcapitato paziente. Anche in questo però la mancanza di assistenza e indicazioni da parte dei Medici Veterinari di base fa una grande differenza, in negativo, secondo lo studio, lasciando di fatto le famiglie in balia della sorte.

Conclusioni

Forse alcuni/e colleghi/e esperte in comportamento potranno pensare che questo studio riporta la scoperta dell’acqua calda. Ma, citando direttamente gli autori dello studio, “la nostra speranza è che condividendo le esperienze dei proprietari che hanno animali domestici con problemi comportamentali, si possa normalizzare l’esperienza per i proprietari in situazioni simili e fornire una prima tabella di marcia delle migliori pratiche per aiutare questi proprietari ad affrontare le complessità della cura di un animale domestico con problemi comportamentali.

Comprendere la portata dell’impatto nella vita della famiglia della convivenza con un animale affetto da disturbi del comportamento, così come le motivazioni per tenerlo o al contrario rinunciare alla cura, possono fare la differenza nella nostra pratica clinica. “C’è una ragione per cui le persone tengono questi animali: il legame è forte, amano il loro animale, e il senso di responsabilità e di cura è grande“, dicono gli autori.

Al contrario a volte il Medico Veterinario di base si trova ad accompagnare famiglie dove viene fatta la scelta opposta. Secondo l’esperienza degli autori e quanto emerge dallo studio citato, “la scelta di rinunciare all’animale o quella dell’eutanasia non è semplice, e molti sperimentano un dolore significativo, vergogna, senso di colpa e isolamento“.

Situazioni non semplici insomma, dove è necessaria una varietà di supporti nella vita della famiglia. Eliminare le barriere che non permettono l’accesso ad un percorso adeguato è il compito di ogni Medico Veterinario e parte da una più sviluppata comprensione e sensibilità verso le sfide che affrontano.

Uno studio emozionante, open access, da leggere completo!

Post scritto da Dr.Maria Mayer, DVM, PhD, CEO Webinar4VETs.

Buller, Kristin, and Kelly C. Ballantyne. “Living with and loving a pet with behavioral problems: Pet owners’ experiences.” Journal of Veterinary Behavior 37 (2020): 41-47.

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