Possiamo migliorare la memoria del cane agendo sul suo microbiota?

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Sappiamo già che la memoria peggiora con l’età. Ma è possibile che alla base di questo peggioramento vi sia un deterioramento del microbiota intestinale? A questa domande cercando di rispondere studi sia in medicina umana che veterinaria.

Cosa sappiamo

Il microbiota intestinale, formato da un consorzio di batteri, protozoi, funghi e virus, ha un grande impatto sulla salute dell’ospite, regolando diverse funzioni dell’organismo.

Di cosa trattano questi studi

Il microbiota è al centro di studi tanto in umana come in medicina veterinaria per determinare se e quanto il microbiota possa influire anche sulla memoria.

Conclusioni

Cani e persone con un microbioma migliore, sembrano avere miglior possibilità di invecchiare mantenendo una buona memoria. Questi studi aggiungono un tassello fondamentale alla comprensione della patogenesi della disfunzione cognitiva del cane anziano.

Diversi studi si sono concentrati negli ultimi anni su quello che viene definito l’Asse Microbiota – Intestino – Cervello. Questi lavori sono in genere incentrati sulla ricerca di correlazioni fra alterazioni del microbiota, dei suoi metaboliti e alcune funzioni cerebrali.

La memoria in particolare è uno degli argomenti dove la ricerca si sofferma di più, essendo un problema importante sia per uomini e donne anziani, che nel cane. In questa specie esiste infatti una patologia simile all’Alzheimer dell’uomo, conosciuta come disfunzione cognitiva del cane anziano, particolarmente invalidante e difficile, per il soggetto e la famiglia che lo ospita.

Due studi usciti nel 2020 parlano di correlazioni microbiota-memoria. Li vediamo insieme in questo post.

Microbioma target terapeutico per il declino cognitivo nell’uomo

Uno studio uscito a luglio 2020 su Journal of Gerontology fa il punto sulle conoscenze attuali in ambito di medicina umana ed elenca le possibili strategie terapeutiche correlate con il microbioma intestinale.

In questo lavoro, gli autori indicano come l’età sia associata spesso a disbiosi, un’alterazione del microbiota intestinale con perdita del numero e diversità delle specie microbiche residenti.

Uno dei collegamenti fra disfunzione cognitiva e microbioma considerati fondamentali dai ricercatori sembra essere l’infiammazione. L’infiammazione cronica di basso grado legata all’età (definita Inflamm-aging) è associata a molteplici disturbi, dal cancro a problemi metabolici e endocrini, oltre ovviamente la memoria e diverse altre funzioni cerebrali.

Il microbiota intestinale sembra avere un’importanza centrale nel mantenimento di un basso grado di infiammazione locale e sistemica, regolando il sistema immunitario in molteplici modi.

Anche l’epilessia sembra essere correlata con aspetti nutrizionali e con il microbiota! Approfondisci l’argomento con il nostro articolo.

Quali strategie hanno individuato i ricercatori?

Fra le strategie individuate abbiamo:

  • Probiotici: i probiotici, formati da ceppi batterici vivi e vitali, sembrano conferire diversi benefici all’ospite quando somministrati in adeguate quantità. Diminuendo l’infiammazione locale potrebbe dare un grande contributo alla terapia della disfunzione cognitiva. Anche la modulazione della via triptofano-serotonina potrebbe essere una chiave d’azione. Allo studio lo sviluppo di probiotici specifici per le diverse patologie, in grado di agire specificatamente secondo quanto scoperto dalla scienza.
  • FMT (Fecal Microbiota Transplantation) – Trapianto fecale: un altro intervento suggerito nel lavoro di Sun e colleghi è il trapianto fecale. Questa tecnica, che consiste nel trapiantare con diverse tecniche una parte del contenuto intestinale di una persona/animale sano in uno malato, sembra avere grandi possibilità terapeutiche, anche per patologie molto gravi come l’Infiammazione Cronica Intestinale (IBD). Recentemente è stato usato il FMT non solo per patologie direttamente collegate a disbiosi, ma anche per altre che sono comunque associabili come la sindrome metabolica, il Parkinson e la malattia renale cronica. Le applicazioni collegate alla perdita della memoria ancora mancano, ma i ricercatori sono certi che questa possa essere una possibilità in un futuro non lontano.
  • Esercizio fisico: mens sana in corpore sano dicevano i latini e non sbagliavano. L’esercizio fisico è infatti una strategia efficace per la prevenzione e la riduzione della gravità di tante e diverse patologie. Recentemente alcuni studi si sono concentrati sugli effetti dell’attività fisica sul microbiota intestinale. Anche se il meccanismo non è ancora ben chiaro, sembra certo che un’attività fisica moderata possa influire positivamente su composizione e funzioni del microbiota, riducendo l’infiammazione.
  • Dieta con fibre: i cambi alimentari sono probabilmente il modo più potente di modulare il microbiota intestinale. La fibra in particolare sembra avere effetti particolarmente positivi, aumentando la produzione di SCFAs (short chain fatty acids), acidi grassi a corta catena che nutrono la mucosa intestinale e modulano il sistema immunitario dell’ospite. Anche se per la disfunzione cognitiva ancora mancano dati certi, i ricercatori sono sicuri che la direzione da intraprendere sia questa: la dieta ricca di fibre ha già dimostrato effetti benefici per tante e diverse patologie, anche neurologiche. Sembra quindi un target terapeutico interessante.
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Associazione fra microbiota, età e memoria nel cane

Fin qui abbiamo visto cosa sappiamo in medicina umana, anche se molti studi sono in realtà fatti su cavie da laboratorio e sono quindi tanto traslabili all’uomo come ad altre specie.

Ad Agosto 2020 sul Journal Animals è stato pubblicato uno studio che si concentra sulle correlazioni età, microbiota e memoria anche nel cane. L’ipotesi dei ricercatori è che vi possa essere una correlazione anche in questa specie.

Anche se il cane dimostra infatti grandi somiglianze con l’uomo nel suo declino cognitivo, tanto da essere spesso preso a modello per l’Alzheimer, non erano ancora stati pubblicati lavori che dimostrassero una correlazione fra memoria e disbiosi in questa specie.

In questo studio, i ricercatori hanno effettuato delle valutazioni tramite sequenziamento genetico del microbioma di cani di famiglia, dividendoli in base all’età e valutandoli con dei test di memoria a breve termine.

Anche se Kubinyi e colleghi ammettono che il loro campione fosse probabilmente di dimensioni ridotte e che siano necessari ulteriori approfondimenti, è interessante notare che:

  • al contrario nell’uomo, dove all’aumentare dell’età generalmente aumenta la famiglia Firmicutes, nel cane in questo studio sembra esserci una diminuzione di questa famiglia, generalmente considerata positiva per l’intestino dei carnivori.
  • i cani che facevano più errori nei test cognitivi avevano relativamente più Actinobacteria nei loro campioni fecali. Questo risultato sembra essere concorde con un’abbondanza di questo phyla in alcuni malati di Alzheimer.

Anche se ovviamente sono necessari maggiori studi riguardo lo studio di queste correlazioni fra memoria, microbiota e età, sembra già evidente come la cura dell’intestino possa migliorare la salute con l’avanzare dell’età, garantendo anche ai nostri cani e nostri gatti un invecchiamento di successo.

Post scritto da Dr.Maria Mayer, DVM, PhD, CEO Webinar4VETs.

Articoli originali Kubinyi, Eniko, et al. “Gut Microbiome Composition is Associated with Age and Memory Performance in Pet Dogs.” Animals 10.9 (2020): 1488.

Sun, Yi, et al. “The gut microbiome as a therapeutic target for cognitive impairment.” The Journals of Gerontology: Series A 75.7 (2020): 1242-1250.

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Photo by Mandy Henry on Unsplash

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