Ansia nel cane e connettoma

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Ansia nel cane

Ansia nel cane e alterazioni del connettoma cerebrale.
Ecco le ultime scoperte scientifiche

La ricerca scientifica relativa alla mente, alle emozioni e alle patologie del comportamento degli animali è sempre più ricca.
Un recente studio* ha indagato le possibili alterazioni del connettoma in cani affetti da ansia.

Paura e ansia nel cane e nell’essere umano

La paura è un’emozione che nasce in risposta a una minaccia diretta. O a stimoli che innescano comportamenti difensivi o di evitamento.
L’ansia invece può essere definita come reazione ad un pericolo, reale o solo presunto, con un senso di incertezza/imprevedibilità. 

Paura e ansia portano a manifestare segni comportamentali e fisiologici di stress.
Sia nei cani che negli esseri umani sono presenti patologie del comportamento (o patologie psichiatriche) con caratteristiche sovrapponibili.
Per questo motivo il cane può rappresentare un modello per lo studio dei disturbi nell’uomo.

E’ probabile che i pattern neurobiologici di risposta siano simili nei cani e nelle persone affette da ansia.

Ansia e benessere

Nei primati, nei roditori e anche nei cani sono state individuate regioni cerebrali specifiche correlate all’ansia.
La prevalenza dei disturbi d’ansia nei cani è alta, e l’ansia è una patologia comportamentale comunemente riscontrata nella pratica veterinaria.

Esempi sono ansia ambientale e sociale, problemi correlati alla separazione con componente ansiosa (ne abbiamo parlato qui).
Si può affermare che l’ansia porta malessere all’individuo affetto.
Infatti, mina il benessere psico-fisico del cane, spesso interferendo con le normali attività e con le espressioni comportamentali tipiche di specie.

Inoltre può anche pregiudicare la relazione con il proprietario. Portando all’abbandono o alla cessione.
Nel caso in cui si manifestino comportamenti aggressivi, possono sussistere rischi per la sicurezza di animali e persone.

Il connettoma indica la mappa comprensiva delle connessioni neurali nel cervello

Cosa è il connettoma e metodi di indagine

Il termine connettoma indica la mappa comprensiva delle connessioni neurali nel cervello.
Esso è quindi è la fitta rete di assoni e sinapsi che collega fra loro i neuroni, permettendo all’individuo di svolgere tutte le funzioni della vita.

L’imaging con tensore di diffusione (DTI) è una tecnica non invasiva che misura la diffusione delle molecole d’acqua nei tessuti. Fornisce informazioni sulla microstruttura della sostanza bianca cerebrale in vivo. 
Questa tecnica è utilizzata per studiare il connettoma e per indagare disturbi psichiatrici e neurologici caratterizzati da deficit nella sostanza bianca, come la depressione e i disturbi d’ansia.

La teoria dei grafi è la disciplina che si occupa dello studio dei grafi, cioè oggetti discreti che permettono di schematizzare ed analizzare una grande varietà di situazioni e processi. Essa può essere applicata allo studio del connettoma.

Connettoma cerebrale e ansia nel cane nella letteratura scientifica

Gli scopi dello studio

Lo studio citato* ha avuto due principali obiettivi: 

  • valutare le differenze nella topologia delle reti cerebrali (cioè del connettoma) in cani sani e cani con disturbi d’ansia
  • valutare se diversi sintomi di ansia siano correlati a differenze specifiche strutturali cerebrali

Soggetti e metodi della ricerca

Undici cani facevano parte del gruppo sperimentale, cioè cani che manifestavano comportamenti riconducibili ad ansia
La valutazione diagnostica è stata condotta attraverso colloquio con i proprietari relativo alla storia dei cani, esame fisico dei soggetti e questionari somministrati ai proprietari. 
Tra le domande dei questionari ve ne erano varie relative a diversi comportamenti dei cani.

Il gruppo di controllo era costituito da 15 cani sani, cioè che non presentavano comportamenti anormali. Anche per questi soggetti è stata effettuata una valutazione clinica relativa allo stato di salute e ai comportamenti manifestati.

Una combinazione di DTI e teoria dei grafi è stata applicata sia ai cani del gruppo sperimentale che a quelli del gruppo di controllo per studiare le eventuali differenze nelle connessioni neuronali in cani ansiosi e non.

Risultati dello studio

Elenchiamo qui i risultati salienti:

  • I cani ansiosi mostravano un coefficiente di clustering (parametro che misura la tendenza dei nodi di una rete cerebrale a formare gruppi di connessioni) significativamente ridotto rispetto ai cani sani.
  • Per i cani ansiosi è stata rilevata un’efficienza globale (parametro che valuta l’efficienza di comunicazione all’interno della rete cerebrale) significativamente ridotta rispetto ai sani.

I cani affetti da ansia, quindi, presentavano una minor efficienza della rete neurale e una organizzazione diversa rispetto ai cani di controllo. 

  • Sia le reti cerebrali dei cani ansiosi che dei sani presentavano comunque un’alta efficienza di comunicazione tra regioni del cervello e un percorso breve tra i nodi.

Si presume quindi che “alta efficienza e breve percorso tra i nodi” caratterizzino il cervello dei cani. Queste stesse caratteristiche erano già state rilevate negli umani, nei gatti, nei macachi e nei roditori.

  • E’ stato osservato che le differenze nei connettomi di cani ansiosi e cani sani erano principalmente localizzate nella parte posteriore del cervello.

Tra le strutture coinvolte vi erano il lobo occipitale, il giro del cingolo posteriore, l’ippocampo e il mesencefalo. Ma anche il cervelletto era implicato.

  • I comportamenti legati all’”eccitabilità” nei cani ansiosi risultavano correlati negativamente con il grado nodale dell’emisfero sinistro del cervelletto.

Un’ elevata eccitazione emotiva in risposta a stimoli o eventi esterni è associata all’ansia, sia negli esseri umani che nei cani.
E alti livelli di eccitazione interferiscono con il controllo cognitivo.
Un grado nodale ridotto nell’emisfero sinistro del cervelletto indica che è presente una ridotta connessione con le altre aree cerebrali. 

E’ stato quindi rilevato che, al calare delle connessioni tra cervelletto e altre aree cerebrali, si aveva un aumento dell’eccitabilità.
Resta da testare se l’ansia patologica mostri influenze simili sulla funzione neuronale nel cane e nell’uomo, ma sembra che queste somiglianze possano essere presenti.

Quali le possibili applicazioni per l’ansia nel cane? 

Ritengo che comprendere meglio questi aspetti possa essere utile per costruire interventi terapeutici efficaci per i cani affetti da ansia.
Ma non solo. 
Studi di questo tipo permettono di comprendere che anche nei cani, e non solo nelle persone, le patologie del comportamento – e quindi le difficoltà emotive – si basano su alterazioni neurobiologichetangibili.

Sottolineo questo poiché vi sono ancora persone – e professionisti purtroppo – che ritengono che parlare di emozioni e di patologie comportamentali sia un inutile “sofismo”, che non può descrivere la “mente semplice ed istintiva” degli animali. 
Questo porta a sottovalutare le difficoltà emotive degli animali e a negare quindi un aiuto concreto e mirato.

Stiamo fortunatamente scoprendo, invece, che non è così.
La neurofisiologia e la neuroanatomia, così come la sfera emozionale, non sono poi così diverse nel cane e nell’essere umano.

Ciò non significa umanizzare i cani, ma essere consapevoli – e rispettosi – delle differenze e delle somiglianze tra due specie che camminano insieme da molto tempo.

*Chen Q, Xu Y, Christiaen E, Wu GR, De Witte S, Vanhove C, Saunders J, Peremans K, Baeken C. 2023. Structural connectome alterations in anxious dogs: a DTI-based study. Sci Rep. 19;13(1):9946.

Articolo della Dott.ssa Eva Ricci, DVM. Biologa, etologa

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