Ma che stress il veterinario!

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Coniglio dal veterinario

Sentiamo parlare così tanto di stress che ormai sappiamo bene quali possono essere le conseguenze sulla salute degli animali.
Ancora di più se si tratta di prede come i Piccoli Mammiferi.

Eppure raramente ci chiediamo cosa provano quando li riceviamo in visita.
Cosa possiamo fare per farli stare meglio? Per limitare al massimo la paura, per ridurre i fattori di stress?

Proviamo a pensarci…

Stress acuto e cronico

Abbiamo già avuto modo di comprendere il ruolo dello stress, sia acuto che cronico, sul benessere di Conigli ed altri Piccoli Mammiferi.

Se hai perso l’articolo e vuoi leggerlo lo trovi qui.

Sappiamo come il rilascio improvviso di catecolamine possa costare anche la vita a questi animali, che in natura sono prede. Quando vengono afferrati e sollevati dai predatori la loro esistenza sta volgendo al termine, e non nel più indolore dei modi.

Lo ricordiamo ai famigliari di conigli, cavie, criceti, degu ed altri Piccoli Mammiferi tutte le volte che li riceviamo in visita. Quando ci raccontano che i bambini li rincorrono e li prendono in braccio. Quando si lamentano perché hanno scelto di adottare un coniglio per avere qualcuno da coccolare sul divano davanti al televisore e invece proprio non ci stanno, non vogliono essere presi.

Cosa accade in ambulatori e cliniche?

Eppure più difficilmente analizziamo l’esperienza a cui sottoponiamo i nostri pazienti fin dall’ingresso in sala d’attesa.

E prima ancora, quando nella migliore dell’ipotesi entrano in un trasportino attratti dal loro cibo preferito e nella peggiore vengono rincorsi e braccati per lunghi minuti prima di essere schiacciati in terra e afferrati maldestramente.

Photo by Chan Swanon Unsplash

Poi vengono caricati in auto, a volte in autobus, si spaventano e non di rado fanno la pipì e si bagnano, perché sul fondo di plastica non c’é nulla che possa assorbirla.

Arrivano nelle sale d’aspetto imbrattati di urina e spaventati, e non sanno che è solo l’inizio.
Trovano ad attenderli sconosciuti che avvicinano la faccia e li guardano, magari sorridendo e quindi esponendo i denti, qualcuno vuole toccarli.
Gatti spaventati miagolano nervosamente, cani di ogni taglia li puntano, abbaiano, ringhiano. O si nascondono impauriti sotto le sedie.

I feromoni d’allarme sono ovunque.

Dopo un’attesa più o meno lunga entrano, il trasportino viene appoggiato su un tavolo, aperto, e immediatamente la mano di uno sconosciuto o quasi li afferra e li trascina fuori.

Loro che per natura vivono in cunicoli scavati sotto terra, al buio, al riparo.

Ora sono lì, esposti, trattenuti e non sempre nel modo più consono. A volte tentano di scappare e possono farsi male se non sappiamo come farlo, altre volte si schiacciano sul tavolo, terrorizzati, la sclera in evidenza.

Poi ci sono le manualità cliniche e diagnostiche certo, sovente anche quelle chirurgiche.

E i ricoveri?


Spesso vengono trattenuti per giorni e giorni, ricoverati in gabbie d’acciaio, condomini nosocomiali condivisi con gatti, cani, magari anche furetti.

Un caravanserraglio di prede e predatori accumunati da una delle esperienze più traumatizzanti: trovarsi fuori dal proprio territorio, isolati dal proprio gruppo famigliare, privati delle proprie certezze e sicurezze, della propria routine.

Per i Piccoli Mammiferi si tratta di eventi terribili, per loro è ancora più violento se possibile trovarsi in un luogo sconosciuto, senza la propria famiglia.

Come Medici veterinari non possiamo non riflettere su quali fonti di stress possiamo eliminare o limitare, provando ad immaginare cosa vedono, sentono e provano i nostri pazienti.

E magari, se possibile, chiederci se è proprio necessario ricoverarli, a volte per settimane.
Nella maggior parte dei casi potrebbe non esserlo.

Foto: Elena Torre

E per saperne di più…

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